sabato 3 novembre 2012

RIORDINO-PROVINCE. LA CITTÀ METROPOLITANA CHE NON ESISTE: IL GRANDE EQUIVOCO OVVERO LA STANGATA PER PISTOIA


PISTOIA. Riceviamo e pubblichiamo questa analisi di Marco Baldassarri, capogruppo Udc-Fli della Provincia di Pistoia, riguardo alla decisione di inserire Pistoia all’interno dell’Area Metropolitana fiorentina a séguito del riordino e della soppressione delle Province:

Ribadisco che la decisione di estendere i confini della Città metropolitana di Firenze, comprendendovi anche le attuali province di Prato e Pistoia è politicamente e tecnicamente inaccettabile.

Le Città metropolitane (introdotte in Costituzione nel 2001 e mai attuate) sono state concepite – sulla scorta dell’esperienza di altri Paesi – per amministrare aree urbane ad alta concentrazione demografica, nelle quali, a seguito della progressiva espansione dell’originario nucleo urbano, non vi è più soluzione di continuità tra la città capoluogo e i comuni confinanti.
In Italia, le autentiche città metropolitane si contano sulle dita di una mano e fra queste – se si vuole essere obiettivi – non vi rientra Firenze, che non ha le dimensioni di una “metropoli”; il legislatore ha, però, fatto scelte diverse e ha riconosciuto il rango di città metropolitana non solo a Milano, Roma e Napoli, ma anche a realtà minori, fra le quali perfino Reggio Calabria.
Il D.L. n. 95/2012 stabiliva, in linea di principio, la coincidenza tra il territorio della città metropolitana e quello della corrispondente provincia; una scelta che – nel caso di Firenze – aveva generato notevoli perplessità per la evidente difficoltà di qualificare come metropolitano il territorio del Mugello o del Valdarno.
La Città metropolitana concentra su di sé tutte le competenze della attuale Provincia ed in più assume rilevanti funzioni attualmente attribuite ai Comuni; specialmente in materia urbanistica, di viabilità e di sviluppo economico.
La Città metropolitana si muove, dunque, in una direzione diametralmente opposta a quella intrapresa con il riordino delle Province (dal quale le Città metropolitane sono espressamente escluse): le nuove province perdono, infatti, gran parte delle proprie funzioni, che vengono trasferite, per lo più, ai Comuni.
In tale contesto, il Consiglio provinciale di Pistoia ha approvato, all’unanimità, un ordine del giorno, frutto degli approfondimenti e delle consultazioni effettuate dalla Commissione affari istituzionali, nel quale:
a) si prendeva atto della impossibilità tecnica di realizzare quella che appariva come la soluzione più naturale; e cioè l’accorpamento delle province dell’area metropolitana costituita da Firenze, Prato e Pistoia;
b) si proponeva, in minima deroga ai criteri stabiliti dal legislatore, la costituzione di una nuova provincia comprensiva dei territori di Prato e Pistoia.
La decisione del Governo – che nessuno aveva neppure preso in considerazione a Pistoia – è inaccettabile, perché suppone che vi sia un unico centro urbano esteso da Figline Valdarno fino a Pescia, che nella realtà non esiste: l’idea di un super comune “piglia tutto” fatalmente calibrato su Firenze è a dir poco stravagante e comunque penalizzante per il nostro territorio.
La cancellazione di identità comunali plurisecolari e talvolta millenarie contraddice la vocazione autonomistica dello stato italiano e demolisce il principale presidio democratico delle nostre comunità; perché un conto è attribuire ad enti sovracomunali funzioni di area vasta, tutt’altro conto è privare i Comuni delle loro principali funzioni e prerogative; quelle per l’appunto che più interessano il cittadino nel suo rapporto con la pubblica amministrazione (si dovrà andare a Firenze per presentare un’osservazione al piano regolatore!). Oltretutto a favore di un ente, che, in prima battuta, avrà come Sindaco il Sindaco del Comune di Firenze e sarà governato da un consiglio non eletto direttamente dal popolo.
Si impone, dunque, una radicale revisione delle decisioni assunte dal Governo: se deroga vi deve essere, si abbia il coraggio di sottrarre a Firenze lo status (a mio avviso ultroneo e neanche del tutto desiderato) di Città metropolitana e si costituisca la provincia dell’area metropolitana della Toscana centrale con attribuzioni analoghe a quelle delle altre nuove costituende province e senza intaccare le funzioni dei Comuni (consentendo ai Comuni della Valdinievole che ne facciano richiesta con referendum popolare di aderire alla confinante provincia della Lucchesia).
Attenzione: quale che sia la soluzione, Pistoia, con l’attuale normativa, è destinata a perdere lo status di capoluogo e, dunque, tutti gli uffici periferici dello Stato, con conseguenti disagi per i cittadini e perdita di posti di lavoro.
Insomma: comprendano i cittadini che qui non sono in gioco – come si vorrebbe far credere – le supposte “poltrone” di politici fannulloni e spendaccioni (immagine grottesca e caricaturale che non corrisponde in alcun modo alla nostra realtà); se non vi saranno radicali cambiamenti di rotta perderemo, assieme ad un pezzo fondamentale della nostra identità e a funzioni primarie che verranno sradicate dal territorio, l’anello principale dell’ordito democratico da sempre incarnato dalle autonomie comunali.
L’acquiescenza di fronte a scelte sbagliate è in questo caso imperdonabile tradimento.
Marco Baldassarri
Capogruppo Udc-Fli Provincia di Pistoia
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[Sabato 3 novembre 2012 - © Quarrata/news 2012]

3 commenti:

  1. (si dovrà andare a Firenze per presentare un’osservazione al piano regolatore!) prendo spunto da questa affermazione per dire che se qualcuno insegnasse ai pistoiesi come si riesce a ad approvare un piano regolatore (o meglio un Regolamento Urbanistico) non sarebbe poi tanto male, vista la storia urbanistica pistoiese degli ultimi anni. Siamo andati avanti per anni in un regime di salvaguardia assurdo, per poi non riuscire ad approvare il R.U., ma di questo ci siamo dimenticati ? Se tutti i problemi di unirisi a Firenze e Prato sono come questi, allora non ci sono problemi.

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  2. Allo stesso modo che trovo logici i rilievi di Baldassarri, trovo pure pertinente l'obiezione di Arkreativo.

    Una delle grandi rivoluzioni davvero necessarie nell'Italia dall'enorme consumo di suolo - causa brutale cementificazione spesso derivante non da interesse pubblico ma da intenti speculatori sulle rendite dei terreni - sarebbe quella di ALLONTANARE i luoghi delle decisioni urbanistiche dalla eccessiva vicinanza di un ceto politico locale (spesso pure modesto e incolto) troppo sottoposto a pressioni e talvolta pure a interessi diretti.

    Sotto questo aspetto, togliere l'urbanistica dalle competenze locali per passarla a una dimensione "metropolitana" (o comunque di area vasta) non mi pare un grande male. Anzi !!!

    E tuttavia il rilievo di Baldassarri sulla cancellazione delle identità plurisecolari, lo trovo assai pertinente.

    Trovo illogico definire "metropolitana" l'area da Figline a Pescia, da Marradi all'Abetone: un territorio che non ha nulla di "metropolitano" anche se è vero che da Firenze a Pistoia passando per Prato ormai la città è unica. Ma non siamo, per nostra fortuna, nei "giovani" USA: siamo in Italia, anzi in Toscana. E le differenze (partendo da quelle legate all'identità storica) hanno il loro bel peso.

    Come si farà, mi chiedo, a far finta che le differenze non esistano più? E' giusto? E' logico? Questa città "metropolitana" darà più efficienza o più efficacia o inefficienza, inefficacia e impoverimento? Non avrà le caratteristiche di un mostruoso contropotere (rispetto alla Regione) un'area metropolitana in cui vive la metà dei cittadini toscani? E si può rivoluzionare con l'accetta e per decreto legge una zonizzazione istituzionale soltanto per l'esigenza (del tutto teorica) di risparmiare denaro?

    Non sarebbe meglio lasciare alla sola Firenze il ruolo di città ... "metropolitana") unificando Pistoia con Prato e provvedendo, contemporaneamete, alla fusione (o comunque alla gestione associata) dei Comuni più piccoli (Poggio a Caiano con Carmignano, Quarrata con Serravalle, Agliana con Montale, Vernio con Vaiano, l'intera montagna pistoiese)?

    Non è stata troppo frettolosa la prima entusiastica reazione della presidente Fratoni e del PD pistoiese, anche a confronto della ben più evidente prudenza del sindaco Bertinelli?

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  3. Io non so quale sia la via giusta, di una cosa sono sicuro, quella seguita fino ad ora è stata sicuramente una via sbagliata, una via che ha lentamente "svuotato" Pistoia, impoverendola sempre a favore dei soliti noti. Le cose che sono accadute, in senso positivo, a Pistoia sono perlopiù accadute per fortunata congiuntura, più che per volontà politica, almeno questa è la mia impressione da dentro la città. In questa logica ogni cambiamento non può che scrollarci via un po' di polvere, o meglio farlo dai palazzi del potere democratico che ne sono ricoperti. Se questo significa perdere un po' della nostra identità campanilistica, beh, nel bene o nel male siamo in Europa e dovremmo iniziare a farci valere come italiani più che come pistoiesi o pratesi. Chi ci guarda da fuori vede un paese in ginocchio dove mentre il lavoro ( a tutti i livelli ) è diventato un bene effimero ed incerto, si scopre, ora che la politica si è indebolita, che chi ci ha governato (segreto di pulcinella) invece di pensare al bene del paese ha solo pensato a se stesso. Io credo sia il momento di rifarci un nome degno di essere pronunciato ad alta voce e non ci riusciremo mai se non riusciremo a vedere oltre il nostro piccolo giardino. Perchè è in questo meccanismo di dispute e clientelismi che cresce l'immobilismo che a questi giochi fa comodo. Firenze è a trenta chilometri da Pistoia, la città diffusa (cara ai vecchi urbanisti) è una realtà, dobbiamo rendercene conto. Mi piace questo sindaco, al di la di ogni considerazione politica, mi piace perchè prende posizione, anche sbagliando magari, ma non si nasconde dietro precedenti atteggiamenti da "caduti dal pero", ma si deve andare oltre, oltre i confini del comune, oltre quelli della provincia (organo per me sempre rimasto dalla funzione misteriosa visto il rapporto costi, enormi, benefici,irrisori).
    Tutta questa pletora di frammentazioni Stato, regioni, Provincie, Comuni, Circoscrizioni al cui interno come in scatole cinesi ha contenuto Comunità Montane, Consorzi e via fino a perderci la testa ha fallito quasi tutti gli obbiettivi (ed è un eufemismo caritatevole) se non quello di moltiplicare i costi dello stato fino all'inverosimile fino a costringerci a tagliare anche la sussistenza ai disabili (!) per far quadrare i conti. A conclusione di questo non so se questa riunificazione delle amministrazioni, lo ripeto, sia una strada corretta ma di sicuro continuare sulla strada odierna è sicuramente un sistema sicuro per portare al fallimento questa nostra povera Italia, a cui nonostante tutto voglio bene.

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