di Luigi
Scardigli
Si esibirà seduto, probabilmente, come ha fatto l’ultima
volta, prima di domani sera.
Riley B. King, B. B. King per tutto l’Universo, del resto,
il prossimo 16 settembre spegnerà 87 candeline e a certe età, ci si può e ci si
deve accontentare. Lui però, il bluesman in circolazione più grande, ingordo
com’è nel voler dispensare a tutti i costi dolcezza e plettri – ne getterà
molti, a fine esibizione, com’è suo solito – salirà lentamente i pochi gradini
in ferro che dividono il backstage dal palco di piazza del Duomo e riuscirà
ancora una volta, come gli succede da oltre sessant’anni, ad emozionarsi ed
emozionare.
È così facile parlare della musica di Bibbiching che si corrono soltanto rischi, a farlo: banalità,
enfasi, imprecisione e soprattutto è doveroso temere l’alea di dire sciocchezze;
è vero, c’è uno stuolo di chitarristi, nell’emisfero del Blues, praticamente
incalcolabile; una serie mostruosa di talenti che non hanno nulla da imparare
da nessuno. Da lui, però, qualcosa sempre, tutti.
A cominciare da come imbraccia, appoggiandola delicatamente
sull’epa sotto rigoroso controllo dietologico, la sua Gibson ES-355 custom,
battezzata, sotto le sue cure, con il nome di Lucille.
La competente e attendibile rivista Rolling Stone piazza il chitarrista di Itta Bena che chiuderà
domani sera la prima notte del 33esimo Festival Blues al sesto posto, in una
classifica virtuale dei primi cento. Facendo però un’equazione qualità-prezzo,
energia-stagioni, forse, la redazione del mensile, dovrà per forza di cose
correggere e correggersi e scambiare qualche dato: il podio, credo, gli spetti
di diritto, preferendo non saper chi siano i due mostri sacri che lo
precederebbero.
A Pistoia, il vincitore di 14 Grammy, ci è stato più di una
volta: all’esordio, nella seconda sera, quella del 14 luglio 1980, kermesse che
ha avuto il merito e l’onore di essere bissata in più di una circostanza.
Sempre uguale, sempre con quel contagiosissimo sorriso, quella maledetta voglia
di vivere che sembra tenerlo al di qua del fiume proprio a dimostrazione dell’esistenza
di un Dio, forse. Ma anche no. I suoi assoli, unici, inimitabili, profondi e
acuti allo stesso tempo, mai banali, seppur sempre identici a loro stessi,
appartengono all’immaginario collettivo.
A sentirlo, oltre lo stuolo di chi gradisce poter dire io c’ero e lo zoccolo degli appassionati
irriducibili, ci saranno, con molta probabilità, parecchi giovanotti che sono
cresciuti con il sogno, a volte illusorio, di diventare chitarristi proprio
dopo essere stati folgorati dal suo sound.
Su tutto il resto, un’enciclopedia che non ha ancora scritto
la sua ultima pagina, meglio sorvolare, soprattutto perché le parole spese per
la musica di B. B. King lasciano, maledettamente, il tempo che trovano: bisogna
fissarlo negli occhi, pur consapevoli di non essere ricambiati e dopo aver
memorizzato il suo sguardo, abbassare le palpebre e lasciarsi guidare dalla sua
musica.
Fidatevi, ovunque decida di portarvi.
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[Giovedì 12 luglio 2012 - © Quarrata/news 2012]
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