Prof. Ivano Paci |
di Felice De Matteis
Alcune
considerazioni ad alta voce sulla banca-appendice dei gruppi maggioritari CaRiFirenze
e Intesa SanPaolo
PISTOIA. Avevamo preannunciato,
in un precedente post, il nostro interessamento – ancorché alquanto profano,
vista la materia – relativo a Società&Territorio, n. 34 Luglio/Settembre
2012, notiziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, spedizione
in abb. post. - 70% - Filiale di Firenze, ma – purtroppo e in estremo ritardo –
non ancora in linea sul sito della Fondazione stessa.
Non
sapevamo che la Fondazione avesse una Filiale a Firenze; adesso lo sappiamo.
Cominciamo
male, visto anche che fino dai primi righi dell’editoriale l’uso del plurale
maiestatis, cioè il Noi, la fa da padrone senza abbinamenti al Consiglio,
ai Soci e ad altro.
È
un Noi che sa tanto di un “Io” che usa il “Noi” perché l’accondiscendenza
– di Consiglio e Soci – appare scontata dal
prosieguo della lettura del notiziario.
Noi, cioè Lui, ci
dice che la cessione di filiali della vecchia Caripit nell’area fiorentina e
bolognese, è compensata dall’acquisizione di quelle, più numerose, che il
gruppo (quale gruppo, prego?) deteneva nei territori delle Province di Pistoia,
Lucca e Massa.
Non
era più corretto dire Intesa SanPaolo o Cassa di Risparmio di Firenze? Non siamo
mica tutti Eugenio Settimo (Settimo per esteso, non in numeri romani) e quindi panpensanti
e capaci di capire tutto al volo.
“Noi”,
cioè Lui, dice che la rinuncia al nome di Pescia è stata “dolorosa” e qui,
trattandosi di operazioni finanziarie a largo raggio e di dubbia utilità
(secondo noi), l’aggettivo nasconde la grande ipocrisia di chi deve far finta,
piangendo, di recidere le radici storiche, che la Caripit aveva sul nostro
territorio, per diventare altro. Ci arriviamo fra poco.
A
pagina 3 dell’editoriale si legge: «ci è sembrato inoltre
opportuno aggiungere, a questa notevole messe di fatti (alcuni eventi citati
nella relazione ai righi superiori – n.d.r.), l’intervista del
Presidente Ivano Paci rilasciata al Giornale delle Fondazioni e relativa
ad un altro dei grandi appuntamenti del 2012, la terza edizione dei Dialoghi
sull’uomo».
Questo
evento, tanto per restare agli aridi numeri, è costato la modica cifra francescana
di €. 350.000 – pag. 30 del Bilancio di missione – per circa 11.000
presenze: vale a dire €. 35 a persona e per tre giorni.
Ma
“Noi” dirà “Lui”, questo appuntamento lo rivendichiamo con
orgoglio, lascito nel tempo futuro alla plebaglia che ha potuto farsi una
pennichella nella calura estiva sotto un tendone per ascoltare, sonnecchiando,
i vari sociologi, antropologi, artisti, attori italiani e stranieri, etc. etc.;
tanto più se ci si può permettere di regalare, però, per “strumenti in comodato
d’uso al Gruppo Bandistico Appennino Pistoiese” (banda suonante della gloriosa
ex Comunità Montana – epoca Gualtierotti – specializzata in miserere),
€. 15.900 – pag. 138, All. C al Bilancio 2011 –;
o, sempre in comodato, n. 4 teche al Museo del Ricamo, per complessivi € 83.117,82,
spesi, è vero, nel 2004, ma sempre un investimento che lascia alquanto
perplessi – non certamente il Palchetti
Junior che nel Consiglio è entrato, forse, per compensazione anagrafica e
perché, forse, con le teche qualcosa ha in comune!
Sono
tutti alla voce, assieme a tante altre, “Opere e beni Culturali di proprietà al
31 dicembre 2008”. Nella nota integrativa al bilancio, andando sul “grosso”,
troviamo, nel riepilogo, stanziamenti per progetti propri, cioè di Noi,
pluriennali: €. 2.000.000 (2 milioni) per ristrutturazione del Polo Universitario
di Pistoia; ma il discorso delle cifre ci porterebbe fuori strada e dentro
umane e familistiche vicende e questo, almeno per ora, non vogliamo farlo.
La firma |
Torniamo
dunque all’editoriale della Fondazione e a pagina 3 scopriamo –
al di là delle parole – una verità risaputa oramai da tanto tempo: e
cioè che la vecchia Caripit, dice Noi, «dopo anni di
faticosissime trattative, in qualità di azionisti importanti, per quanto sempre
più di minoranza… » (!)… Traduzione sic et simpliciter: la
Cassa di Risparmio non ha più la sua autonomia, non conta più niente ed è
diventata un’appendice di gruppi bancari maggioritari, la Cassa di Risparmio di
Firenze e Intesa SanPaolo. Insomma la Caripit di vecchia memoria è, oggi, piccola
cosa perché, proseguendo la lettura, si capisce che la banca, con questo
accordo, «ha mirato a rafforzare i legami e l’operatività
della Cassa rispetto al proprio gruppo, confermando per intero il suo ruolo di
tradizionale riferimento, ma conseguendo nel contempo un’importante crescita
dimensionale e ampliando sensibilmente la sua operosità».
Piccola domanda: perché allora cedere spazi territoriali ad altri istituti?
Solo per disposizioni di legge? Infatti nel prosieguo della relazione, “Noi”
ci dice che:
1° – «La
Fondazione ha ceduto a Intesa SanPaolo il 20% di capitale di Caripit, scendendo
dal 40% al 16,9»
2° – «La
Fondazione ha ceduto altresì alla capogruppo (Intesa SanPaolo –
n.d.r.) tutte le azioni di risparmio, etc.»
3° – «Il
prezzo delle cessioni, assolutamente favorevole per la Fondazione … deriva da
precedenti patti stipulati con la Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A. e
transitati al Gruppo Intesa SanPaolo».
C’è
però, nella Dichiarazione della Fondazione all’Assemblea Ordinaria di
Caripistoia in data 11/07/2012, un’affermazione di verità che dobbiamo
riportare.
Si
dice – dopo avere ancora una volta
sostenuto che tutto ciò (la ‘svendita’) è stato fatto per il bene della banca in
virtù delle norme di legge – che la Caripit si è riservata la nomina nel futuro assetto,
del Presidente di Caripit e del Presidente del Collegio sindacale.
Insomma,
a loro (Intesa SanPaolo) il tutto, a noi l’apparenza. Cosa contano i
vari Colomeciuc (altro ‘figlio d’arte’, assieme ad altri con il solito Dna)?
Rallegramenti,
Papa/Papà! Lo diceva il professor Zingales su Repubblica, riportato in
un nostro precedente post (vedi), affermando –
nel caso del Monte Paschi di Siena – che la politica si era riciclata in ambito
amministrativo senza pudore e rispetto. Su questa affermazione potrebbe
intervenire un cervello – fortunatamente rimasto in Italia – che dal 2001 al
2009 è stato membro della deputazione del Monte dei Paschi di Siena e che (sarà
omonimia) corrisponde al nome di Andrea Eugenio Settimo Paci.
Ma
Noi, avrebbe più semplicemente potuto dire: Noi, anzi, Io,
“ho ceduto tutto”.
Davanti
a questa affermazione sincera, le manifestazioni di dissenso “fonico-rumoristico”
dell’assemblea tutta (provatevi!) avrebbero finalmente posto fine al penoso
incedere di colui che non ha ancora compreso che un Romano Pontefice può
restare, per grazia divina, sul soglio di Pietro fino a che a Dio piacerà: gli
ultra ottuagenari della Fondazione, come stabilito durante il regno di
Papa/Papà, invece, non hanno più diritto di parlare e votare, perché
evidentemente ritenuti non più in grado di farlo. Lui, Noi,
insomma Papa/Papà, invece, può. Perché Lui è Noi!
Cari
lettori, chiedo scusa perché i numeri, le storie, le situazioni sono molteplici
nel tempo e negli anni, e tutti singolarmente discutibili: quasi mezzo secolo,
pensate voi. Su un punto non c’è tempo: ed è quello che con il Prof. Ivano Paci,
simbiotico alla Cassa di Risparmio prima ed alla Fondazione poi, Pistoia ha
spento una luce di autonomia e per sempre.
Tutto
è in mano a Intesa SanPaolo: e se qualcuno che legge conosce qualche dipendente
“di livello” della Caripit, può chiederglielo: purché l’amicizia sia fidata e
la risposta sincera.
D’altronde
il Dna è riconosciuto scientificamente ed ha un margine d’errore minimale, ma
non importa, perché la Caripit di Pistoia, a livello locale, è solo una
appendice di Intesa SanPaolo e se mai fosse che familisticamente il figlio d’arte
Andrea Eugenio Settimo (attualmente, se non ci sbagliamo, al calduccio nella
Banca di Pistoia) andasse mai a ricoprire il posto dell’augusto genitore, dopo
avere transitato sulla linea Auser -Firenze-Centrale del Latte-Arpat-Monte dei
Paschi di Siena, consulente del Ministro Letta e tanto altro ancora – tanto per
restare nel minimale curriculare –, alle brutte venderemo per necessità, con i
nostri soldi e non con quelli di un mecenate di quarta fila, l’artistica fontana
di Buren (costo €. 567.973,75), il cui artista è già presente “sul
territorio pistoiese con le opere realizzate per il Padiglione di Emodialisi e
per la Collezione della Fattoria di Celle”, il cui proprietario è stato il
vicepresidente della Fondazione fino al recente rinnovo del Consiglio, perché
lo Statuto prevede il rinnovo per un solo mandato. Vale ovviamente per gli
altri…
Non
pensate male, è stato sostituito perché maggiorenne (leggi: ultraottantenne) e
forse perché desideroso di gustarsi, fra le altre, le opere di Buren nel suo casale.
Vi
parlavamo del comodato di uso per l’acquisto di strumenti per la Banda del
Comm. Gualtierotti: quella sonante dell’amico Valgiusti.
Torna
a proposito per intonare una marcia funebre al signore che si autoincensa e che
non ci dice che la massa di titolari di conti correnti in Caripit prende una
vergogna di interessi. È una affermazione da querela? La faccia pure,
Papa/Papà, Noi/ Io: perché quando è troppo è troppo!
Dire
che “la nostra Cassa è inserita nel più grande gruppo
bancario italiano, quale fonte di servizi migliori e più efficienti e di
maggiore opportunità di investimento arricchendo così elementi di qualità la
comunità ed i territori serviti”, corrisponde allo 0,10% sui conti correnti bancari?
Per i poverelli di sua (di Paci) provenienza? O per gli altri?
La
faccia finita, fosse pure il Menga! Se poi Lui fosse anche il Papa/Papà,
il Noi o Io, la dovrebbe smettere ugualmente.
Il
tempo stringe, purtroppo. La scelta del finale appartiene solamente alla
dignità personale. All’intelligenza, alla Fondazione o alla Misericordia di
Pistoia. Libero arbitrio. Arrivederci, Professor Paci.
E
siccome Lei/Voi ci legge, risponda, di grazia, Prof. Chiarissimo.
E scusi il nostro tono satirico e un po’ plebeo, se c’è scappato: un tono che –
lo sappiamo bene – non è particolarmente grato ai cattedratici. Solo i borghesi
di un tempo volevano il Lei. Ma tu/Noi/Io vieni/venite
dal popolo, mentre io che scrivo, pur non venendo dal popolo, il popolo lo amo.
Un po’ come il Vescovo, che si fa chiamare Mansueto e non Eccellenza – al
contrario di certi Prefetti…
Anche
perché, a nome di chi lo riceve, lo 0,10 % sui conti correnti bancari è uno
schifo vero e proprio, un insulto doc. Capito, Prof. Mecenate?
POSTILLA
LIBERATORIA
Caro
blogger Bianchini,
l’onere
–
ma anche l’onore, visto che queste cose qualcuno le deve dire a chiare lettere
nel generale silenzio degli yes man locali –
di quanto detto e scritto in questo post, è mio e solo mio. Ne sono il padre e
me ne assumo la responsabilità.
Non
conosco le regole che “regolano” il tuo mondo giornalistico e la deontologia
annessa. Però conosco i destinatari e non solo da oggi.
Questo
penso, questo dico e non è finita qui, eventualmente, se di spazio me ne darai
ancora.
Grazie
per esso. E, se mai lo conoscessi, salutami Eugenio Settimo, figlio d’arte e
cervello fino non fuggito all’estero, ma rimasto coraggiosamente in Italia –
dove si sente dire che si appresterebbe anche a volersi candidare per il
Parlamento.
Grazie
ancora da io/me, che non sono Noi, Lui, Papa/Papà,
ma solo – ripeto – io/me.
Un
io/me che sta cominciando a perdere la pazienza, perché quando c’è
troppo silenzio, inizia ad esserci troppo rumore…
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sull’immagine per ingrandirla.
[Martedì
13 novembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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