martedì 13 novembre 2012

LA CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA (MA SENZA PESCIA) E LA PARABOLA DI DECLINO E DI PERDITA DELL’AUTONOMIA

Prof. Ivano Paci

di Felice De Matteis

Alcune considerazioni ad alta voce sulla banca-appendice dei gruppi maggioritari CaRiFirenze e Intesa SanPaolo

PISTOIA. Avevamo preannunciato, in un precedente post, il nostro interessamento – ancorché alquanto profano, vista la materia – relativo a Società&Territorio, n. 34 Luglio/Settembre 2012, notiziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, spedizione in abb. post. - 70% - Filiale di Firenze, ma – purtroppo e in estremo ritardo – non ancora in linea sul sito della Fondazione stessa.
Non sapevamo che la Fondazione avesse una Filiale a Firenze; adesso lo sappiamo.

Cominciamo male, visto anche che fino dai primi righi dell’editoriale l’uso del plurale maiestatis, cioè il Noi, la fa da padrone senza abbinamenti al Consiglio, ai Soci e ad altro.
È un Noi che sa tanto di un “Io” che usa il “Noi” perché l’accondiscendenza – di Consiglio e Soci – appare scontata dal prosieguo della lettura del notiziario.
Noi, cioè Lui, ci dice che la cessione di filiali della vecchia Caripit nell’area fiorentina e bolognese, è compensata dall’acquisizione di quelle, più numerose, che il gruppo (quale gruppo, prego?) deteneva nei territori delle Province di Pistoia, Lucca e Massa.
Non era più corretto dire Intesa SanPaolo o Cassa di Risparmio di Firenze? Non siamo mica tutti Eugenio Settimo (Settimo per esteso, non in numeri romani) e quindi panpensanti e capaci di capire tutto al volo.
“Noi”, cioè Lui, dice che la rinuncia al nome di Pescia è stata “dolorosa” e qui, trattandosi di operazioni finanziarie a largo raggio e di dubbia utilità (secondo noi), l’aggettivo nasconde la grande ipocrisia di chi deve far finta, piangendo, di recidere le radici storiche, che la Caripit aveva sul nostro territorio, per diventare altro. Ci arriviamo fra poco.
A pagina 3 dell’editoriale si legge: «ci è sembrato inoltre opportuno aggiungere, a questa notevole messe di fatti (alcuni eventi citati nella relazione ai righi superiori – n.d.r.), l’intervista del Presidente Ivano Paci rilasciata al Giornale delle Fondazioni e relativa ad un altro dei grandi appuntamenti del 2012, la terza edizione dei Dialoghi sull’uomo».
Questo evento, tanto per restare agli aridi numeri, è costato la modica cifra francescana di €. 350.000 – pag. 30 del Bilancio di missione – per circa 11.000 presenze: vale a dire €. 35 a persona e per tre giorni.
Ma “Noi” dirà “Lui”, questo appuntamento lo rivendichiamo con orgoglio, lascito nel tempo futuro alla plebaglia che ha potuto farsi una pennichella nella calura estiva sotto un tendone per ascoltare, sonnecchiando, i vari sociologi, antropologi, artisti, attori italiani e stranieri, etc. etc.; tanto più se ci si può permettere di regalare, però, per “strumenti in comodato d’uso al Gruppo Bandistico Appennino Pistoiese” (banda suonante della gloriosa ex Comunità Montana – epoca Gualtierotti – specializzata in miserere), €. 15.900 – pag. 138, All. C al Bilancio 2011 –; o, sempre in comodato, n. 4 teche al Museo del Ricamo, per complessivi € 83.117,82, spesi, è vero, nel 2004, ma sempre un investimento che lascia alquanto perplessi – non certamente il Palchetti Junior che nel Consiglio è entrato, forse, per compensazione anagrafica e perché, forse, con le teche qualcosa ha in comune!
Sono tutti alla voce, assieme a tante altre, “Opere e beni Culturali di proprietà al 31 dicembre 2008”. Nella nota integrativa al bilancio, andando sul “grosso”, troviamo, nel riepilogo, stanziamenti per progetti propri, cioè di Noi, pluriennali: €. 2.000.000 (2 milioni) per ristrutturazione del Polo Universitario di Pistoia; ma il discorso delle cifre ci porterebbe fuori strada e dentro umane e familistiche vicende e questo, almeno per ora, non vogliamo farlo.
La firma
Torniamo dunque all’editoriale della Fondazione e a pagina 3 scopriamo – al di là delle parole – una verità risaputa oramai da tanto tempo: e cioè che la vecchia Caripit, dice Noi, «dopo anni di faticosissime trattative, in qualità di azionisti importanti, per quanto sempre più di minoranza… » (!)… Traduzione sic et simpliciter: la Cassa di Risparmio non ha più la sua autonomia, non conta più niente ed è diventata un’appendice di gruppi bancari maggioritari, la Cassa di Risparmio di Firenze e Intesa SanPaolo. Insomma la Caripit di vecchia memoria è, oggi, piccola cosa perché, proseguendo la lettura, si capisce che la banca, con questo accordo, «ha mirato a rafforzare i legami e l’operatività della Cassa rispetto al proprio gruppo, confermando per intero il suo ruolo di tradizionale riferimento, ma conseguendo nel contempo un’importante crescita dimensionale e ampliando sensibilmente la sua operosità». Piccola domanda: perché allora cedere spazi territoriali ad altri istituti? Solo per disposizioni di legge? Infatti nel prosieguo della relazione, “Noi” ci dice che:
 – «La Fondazione ha ceduto a Intesa SanPaolo il 20% di capitale di Caripit, scendendo dal 40% al 16,9»
 – «La Fondazione ha ceduto altresì alla capogruppo (Intesa SanPaolo – n.d.r.) tutte le azioni di risparmio, etc.»
 – «Il prezzo delle cessioni, assolutamente favorevole per la Fondazione … deriva da precedenti patti stipulati con la Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A. e transitati al Gruppo Intesa SanPaolo».
C’è però, nella Dichiarazione della Fondazione all’Assemblea Ordinaria di Caripistoia in data 11/07/2012, un’affermazione di verità che dobbiamo riportare.
Si dice – dopo avere ancora una volta sostenuto che tutto ciò (la ‘svendita’) è stato fatto per il bene della banca in virtù delle norme di legge – che la Caripit si è riservata la nomina nel futuro assetto, del Presidente di Caripit e del Presidente del Collegio sindacale.
Insomma, a loro (Intesa SanPaolo) il tutto, a noi l’apparenza. Cosa contano i vari Colomeciuc (altro ‘figlio d’arte’, assieme ad altri con il solito Dna)?
Rallegramenti, Papa/Papà! Lo diceva il professor Zingales su Repubblica, riportato in un nostro precedente post (vedi), affermando – nel caso del Monte Paschi di Siena – che la politica si era riciclata in ambito amministrativo senza pudore e rispetto. Su questa affermazione potrebbe intervenire un cervello – fortunatamente rimasto in Italia – che dal 2001 al 2009 è stato membro della deputazione del Monte dei Paschi di Siena e che (sarà omonimia) corrisponde al nome di Andrea Eugenio Settimo Paci.
Ma Noi, avrebbe più semplicemente potuto dire: Noi, anzi, Io, “ho ceduto tutto”.
Davanti a questa affermazione sincera, le manifestazioni di dissenso “fonico-rumoristico” dell’assemblea tutta (provatevi!) avrebbero finalmente posto fine al penoso incedere di colui che non ha ancora compreso che un Romano Pontefice può restare, per grazia divina, sul soglio di Pietro fino a che a Dio piacerà: gli ultra ottuagenari della Fondazione, come stabilito durante il regno di Papa/Papà, invece, non hanno più diritto di parlare e votare, perché evidentemente ritenuti non più in grado di farlo. Lui, Noi, insomma Papa/Papà, invece, può. Perché Lui è Noi!
Cari lettori, chiedo scusa perché i numeri, le storie, le situazioni sono molteplici nel tempo e negli anni, e tutti singolarmente discutibili: quasi mezzo secolo, pensate voi. Su un punto non c’è tempo: ed è quello che con il Prof. Ivano Paci, simbiotico alla Cassa di Risparmio prima ed alla Fondazione poi, Pistoia ha spento una luce di autonomia e per sempre.
Tutto è in mano a Intesa SanPaolo: e se qualcuno che legge conosce qualche dipendente “di livello” della Caripit, può chiederglielo: purché l’amicizia sia fidata e la risposta sincera.
D’altronde il Dna è riconosciuto scientificamente ed ha un margine d’errore minimale, ma non importa, perché la Caripit di Pistoia, a livello locale, è solo una appendice di Intesa SanPaolo e se mai fosse che familisticamente il figlio d’arte Andrea Eugenio Settimo (attualmente, se non ci sbagliamo, al calduccio nella Banca di Pistoia) andasse mai a ricoprire il posto dell’augusto genitore, dopo avere transitato sulla linea Auser -Firenze-Centrale del Latte-Arpat-Monte dei Paschi di Siena, consulente del Ministro Letta e tanto altro ancora – tanto per restare nel minimale curriculare –, alle brutte venderemo per necessità, con i nostri soldi e non con quelli di un mecenate di quarta fila, l’artistica fontana di Buren (costo €. 567.973,75), il cui artista è già presente “sul territorio pistoiese con le opere realizzate per il Padiglione di Emodialisi e per la Collezione della Fattoria di Celle”, il cui proprietario è stato il vicepresidente della Fondazione fino al recente rinnovo del Consiglio, perché lo Statuto prevede il rinnovo per un solo mandato. Vale ovviamente per gli altri…
Non pensate male, è stato sostituito perché maggiorenne (leggi: ultraottantenne) e forse perché desideroso di gustarsi, fra le altre, le opere di Buren nel suo casale.
Vi parlavamo del comodato di uso per l’acquisto di strumenti per la Banda del Comm. Gualtierotti: quella sonante dell’amico Valgiusti.
Torna a proposito per intonare una marcia funebre al signore che si autoincensa e che non ci dice che la massa di titolari di conti correnti in Caripit prende una vergogna di interessi. È una affermazione da querela? La faccia pure, Papa/Papà, Noi/ Io: perché quando è troppo è troppo!
Dire che “la nostra Cassa è inserita nel più grande gruppo bancario italiano, quale fonte di servizi migliori e più efficienti e di maggiore opportunità di investimento arricchendo così elementi di qualità la comunità ed i territori serviti”, corrisponde allo 0,10% sui conti correnti bancari? Per i poverelli di sua (di Paci) provenienza? O per gli altri?
La faccia finita, fosse pure il Menga! Se poi Lui fosse anche il Papa/Papà, il Noi o Io, la dovrebbe smettere ugualmente.
Il tempo stringe, purtroppo. La scelta del finale appartiene solamente alla dignità personale. All’intelligenza, alla Fondazione o alla Misericordia di Pistoia. Libero arbitrio. Arrivederci, Professor Paci.
E siccome Lei/Voi ci legge, risponda, di grazia, Prof. Chiarissimo. E scusi il nostro tono satirico e un po’ plebeo, se c’è scappato: un tono che – lo sappiamo bene – non è particolarmente grato ai cattedratici. Solo i borghesi di un tempo volevano il Lei. Ma tu/Noi/Io vieni/venite dal popolo, mentre io che scrivo, pur non venendo dal popolo, il popolo lo amo. Un po’ come il Vescovo, che si fa chiamare Mansueto e non Eccellenza – al contrario di certi Prefetti…
Anche perché, a nome di chi lo riceve, lo 0,10 % sui conti correnti bancari è uno schifo vero e proprio, un insulto doc. Capito, Prof. Mecenate?

POSTILLA LIBERATORIA
Caro blogger Bianchini,
l’onere – ma anche l’onore, visto che queste cose qualcuno le deve dire a chiare lettere nel generale silenzio degli yes man locali – di quanto detto e scritto in questo post, è mio e solo mio. Ne sono il padre e me ne assumo la responsabilità.
Non conosco le regole che “regolano” il tuo mondo giornalistico e la deontologia annessa. Però conosco i destinatari e non solo da oggi.
Questo penso, questo dico e non è finita qui, eventualmente, se di spazio me ne darai ancora.
Grazie per esso. E, se mai lo conoscessi, salutami Eugenio Settimo, figlio d’arte e cervello fino non fuggito all’estero, ma rimasto coraggiosamente in Italia – dove si sente dire che si appresterebbe anche a volersi candidare per il Parlamento.
Grazie ancora da io/me, che non sono Noi, Lui, Papa/Papà, ma solo – ripeto – io/me.
Un io/me che sta cominciando a perdere la pazienza, perché quando c’è troppo silenzio, inizia ad esserci troppo rumore…

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[Martedì 13 novembre 2012 - © Quarrata/news 2012]

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