martedì 3 luglio 2012

MARIA GADÙ. QUEL MIX TRA ROCK E SAUDADE, QUEL SUONO INDECIFRABILMENTE AFROBRASILIANO


di Luigi Scardigli

Ha ragione, Caetano Veloso, a dire che la mocciosa paulista ha una voce che non passerà inosservata. Ma non solo; perché a vederla in concerto, poi, il fascino e il gusto aumentano esponenzialmente. Strano, perché Maria Gadù – è di lei che vi sto parlando – ha appena 26 anni, che non dimostra affatto. Ieri sera, nella conca dell’Anfiteatro Pecci, a Prato, il suo concerto, organizzato dal Comune, è stato una dimostrazione, esemplare, delle mille possibilità sonore e timbriche che si possono estrarre e riprodurre nel giro di un’ora e mezza.

Mayra Correa Aygadoux, queste le sue generalità, è una professionista: suona con un bel groove la chitarra e per questa tournée italiana, da Verona a Rimini, via Prato, si fa accompagnare da cinque strumentisti più che all’altezza: una chitarra acustica, che non perde occasione di ricordare a tutti, anche ai bossanovisti puri, che in principio fu il rock; un organo Hammond, dalle atmosfere anni ‘70, i prodromi della world music, l’invasione del funky; una batteria perfettamente incastonata in questo meraviglioso cocktail di contaminazioni e le percussioni, che riportano nel suo alveo naturale il sound della band leader.
A mio presuntuosissimo ascoltare, la cosa che le riesce meglio, a Maria Gadù, è quel mix tra rock e saudade, quel suono indecifrabilmente afrobrasiliano che ricorda uno dei suoi ispiratori, Carlinhos Brown. La sua voce, del resto, le consente tutti i voli che desidera: confidenziale, seppur stentorea, in quelle interminabili filastrocche da carnevale, prima durante e dopo; nitida e ficcante quando alla leggenda portoghese degli albori fonde e confonde il metallo dei suoni meno capaci di diplomatizzarsi, fino a diventare aulica, classica, quando nella forbice di un motivo riesce a far colare tutte le lezioni ricevute e perfettamente assimilate in questi pochissimi ma intensi anni.
Con Shimbalaie, il brano che l’ha catapultata lungo le modalità di frequenza radiofoniche internazionali, Maria Gadù, al cospetto di un pienone oltre ogni rosea aspettativa, ha chiuso la sua esibizione, alla quale non ha potuto non aggiungere due gemme da bis, nelle quali, i cinque sessionisti, si sono singolarmente esibiti in piccoli assaggi e saggi d’assolo. Prima del motivetto che arriverà, a pieno merito, anche sulle spiagge anche di chi non sa nemmeno che esista, Maria Gadù ha svuotato il proprio cilindro mettendo in cantiere tutto il proprio già poderoso repertorio, quello che così giovanissima le ha già consentito di ricevere, unanimemente, il passaporto per viaggiare, a ragion veduta, sulle ali del terzo millennio artistico, dove Maria Gadù, con quel sorriso falsamente timido, crede che qualcuno dovrà velocemente cederle il posto.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Martedì 3 luglio 2012 - © Quarrata/news 2012]

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