Inceneritore di Montale |
PISTOIA. Per quanto
esteso, siamo convinti che sia necessario riportare l’intervento di Patrizio La
Pietra (Pdl) nella sua versione integrale.
Lo facciamo
per due motivi: per documentazione e perché chi è interessato possa accedere a
tutti i singoli passaggi di natura politica sviluppati da La Pietra e
assolutamente non contestati dalla maggioranza in sede di votazione.
Con oggi siamo
giunti alla conclusione dell’iter per l’approvazione del Piano interprovinciale
dei rifiuti; iniziato con l’approvazione del testo da parte delle Giunte
provinciali nel mese di novembre 2011, poi la successiva adozione del piano con
delibere consiliari. In ultimo la presentazione delle osservazioni e il
giudizio sulla loro ammissibilità da parte dell’organo competente.
Prima di
entrare nel merito, vorrei sottolineare, come l’iter del provvedimento, così
come appena descritto, sia stato un procedimento, permettetemi la definizione,
blindato, direi bulgaro.
Nessuna
possibilità di intervento da parte del consiglio, nessuna possibilità di
emendamenti, nessuna possibilità di modifica, privando di fatto l’assemblea
consigliare della sua prerogativa fondamentale: la possibilità di un confronto
costruttivo per ricercare la sintesi politica di un provvedimento.
Il tutto
condito da una parvenza di falsa partecipazione, perché non vi è stata
partecipazione, ma volendo essere onesti, dobbiamo riconoscere che per lo meno
l’informazione la si è fatta. Si, si è data informazione, ma nella sostanza:
“questo è il piano e questo rimane”.
Mi si può
dire, che c’era la possibilità di fare le osservazioni. Vero. Ma quale garanzia
di imparzialità può dare un organo che doveva decidere su accettare o meno le
osservazioni pervenute, se lo stesso organo è composto dai funzionari delle
province che di fatto hanno redatto lo stesso piano?
Non è
certamente nostra volontà dubitare della buona fede delle persone, ma in quanto
ad opportunità non ci convince: “ve la siete suonata e cantata”.
Non c’è dubbio
che questo provvedimento rappresenta uno degli atti più importanti del nostro
ente, con un impatto rilevante sul territorio e sulla sua popolazione, questo
deve indurre ognuno di noi ad una profonda analisi e quindi, con questo
spirito, cercheremo con i nostri interventi di entrare nel merito del piano.
Permettetemi
una breve nota sulle politiche regionali del settore.
Con l’entrata
in vigore della legge 61, la regione ha ridotto a tre il numero degli ATO
presenti sul territorio regionale. Mantenendo il principio di autosufficienza
nell’ambito della pianificazione. A mio parere il primo errore nasce proprio in
questa fase. Infatti se da una parte la pianificazione di tutte le politiche di
raccolta e smaltimento devono essere svolte sul territorio di competenza, dall’altra
le politiche di termovalorizzazione dovevano essere fatte a livello regionale,
con la pianificazione di 2/3 grandi impianti. Questo avrebbe permesso, con
molta probabilità di non appesantire il nostro territorio, già fortemente
urbanizzato, antropizzato e fortemente inquinato con 4 impianti nel raggio di
30 kilometri.
In più avrebbe
sicuramente permesso la realizzazione di impianti con una elevata
ottimizzazione produttiva e di sicurezza.
Si nota anche
in questo caso, come in tanti altri, la miopia strategica della regione, che si
limita ad accorpare. Con operazione di sommatoria delle problematiche e non con
la strategia di nuovi assetti per un maggior servizio ai cittadini e non ultimo
un maggiore risparmio sui costi.
Mi si permetta
di ritornare sul concetto che i piccoli impianti, oltre a essere poco sicuri,
sono economicamente sconvenienti. Dobbiamo segnalare come l’esito della gara di
affidamento dell’impianto di Montale, fatto alcuni giorni fa, e andato deserto,
proprio per il poco interesse economico, a conferma di quanto detto.
DICHIARAZIONE
DI VOTO
Come si è evidenziato dagli interventi il nostro
giudizio non può che essere negativo.
Negativo nel metodo e nel merito.
Nel metodo, in quanto l’iter è stato quello di un
documento blindato senza possibilità di un confronto serio per un eventuale
approfondimento e modifica del testo.
Nel merito, perché, più in generale, esso
rappresenta un piano nato da una sommatoria di piani, in cui ci si limita ad
una scelta di indirizzo e conseguentemente a scelte impiantistiche che
rispecchiano una visione obsoleta del problema rifiuti.
Una scelta mirata ad una soluzione di una
emergenza, ma che non risolve, ma posticipa la soluzione del problema.
In particolare, in relazione al nostro
territorio, riteniamo l’ampliamento dell’impianto di Montale, una scelta
sbagliata e non necessaria. Non possiamo chiedere al territorio e alla
popolazione ancora sacrifici in termini ambientali e sanitari.
Per questi motivi e per quanto detto in fase di
discussione, ribadiamo il nostro voto contrario al provvedimento.
|
Prima di passare alla
lettura di alcuni dati e alle considerazioni ad essi sottese, va sottolineato
come sarebbe stata necessaria una revisione delle quantità di rifiuti al
ribasso. I dati sono studiati prevedendo la ripresa dalla crisi nel 2010. Siamo
nel 2012, siamo in piena recessione, e in crisi lo siamo stati negli ultimi due
anni, mentre il piano veniva effettuato. Un aggiornamento dei dati ad oggi
sarebbe ben stato più opportuno. Ci è stato detto che l’ultimo dato disponibile
e certificato era quello relativo al 2010, il che ci porta a chiedersi come
questo sia possibile. Ricordo a me stesso e all’assemblea che ogni gestore
locale, possiede tutti i dati aggiornati sulla produzione dei rifiuti, poiché
in base ai dati si costruiscono i piani finanziari e si definiscono le tariffe.
A meno che non si voglia dire che i piani e le tariffe si fanno ad occhio e a
meno che la crisi non sia considerata la vera politica di riduzione dei rifiuti
che la programmazione interprovinciale si propone.
Altro elemento che appare dal piano è che le raccolte differenziate
producono, di per se, materie prime seconde tranquillamente riassorbite dal
mercato, questo perché mancano del tutto i dati e una compiuta analisi sul
mercato del riciclo e non solo dei materiali recuperati da raccolta
differenziata. Dati di cui il territorio Ato dovrebbe essere ben in possesso,
perché sede di Revet, la quale opera in regime pressoché di monopolio sulla
lavorazione dei materiali da raccolta differenziata, ed ha negli anni ricevuto
più di un incentivo dalla Regione Toscana.
Cosa di non poco conto, anche alla luce delle direttive europee che
parlano di riciclo e non di raccolta.
Mi si permetta, a questo punto di fare una considerazione, che esce
apparentemente dal contesto della discussione, ma che si riallaccia a quanto
appena detto, mettendo in luce le contraddizioni di questa amministrazione,
dove la mano destra agisce senza sapere cosa fa la sinistra.
Da una parte abbiamo visto l’amministrazione attivarsi per dare una
soluzione alla vicenda LG Plast di Agliana. Dall’altra si prevede una raccolta
differenziata della plastica pari a circa 49.000 ton. a fronte di impianti di
recupero plastica presenti sul territorio ATO Centro di circa 61.000 ton. al
netto chiaramente della LG Plast di Agliana. Di fatto attestando l’impossibilità
di inserimento sul mercato dell’azienda Aglianese.
Altro elemento
importante sono le iniziative per la riduzione dei rifiuti, con politiche
sostanziate da una serie di progetti, che sono le stesse introdotte dalla
Provincia di Prato e Firenze e grossomodo oggetto del Protocollo di Intesa
Energia e Rifiuti approvato da questo consiglio.
Su questo
viene da fare un paio di considerazioni.
La prima –
Sono obiettivi giusti, ma poiché rivolti alla generalità dei consumatori non
può raggiungere i livelli che avrebbe raggiunto una progettualità di questo
tipo riguardante le imprese e la filiera degli imballaggi. Mi spiego meglio.
Non si fa che dire che la riduzione a monte può essere soltanto il frutto di
politiche e leggi nazionali. Questo non è del tutto vero. Esiste la concreta
possibilità di una politica incentivante per le imprese sullo smaltimento dei
rifiuti industriali che potrebbe senz’altro essere proficua. Studiando le
diverse filiere (partendo dai comparti industriali più importanti e corposi) si
potrebbe chiedere, alle piccole imprese come alla grande distribuzione, l’uso
di certi materiali a scapito di altri negli imballaggi, proponendo forti sconti
sullo smaltimento o veri e propri incentivi sulla ricerca di materiali diversi
da imballaggio (o addirittura sullo studio di materiali particolari all’interno
dei cicli produttivi). Certo, è più facile spendere in un impianto che non
studiare questo tipo di politiche, il tempo per elaborare politiche di questa
natura non è mancato (si tratta di anni), né mancano esperienze da cui
attingere in tutta Europa.
La seconda –
Le iniziative elencate sono già partite in diversi comuni (si pensi ai progetti
“Acqua del Sindaco”, che hanno avuto grande successo ovunque attuati) e sarebbe
stato interessante, se non stimarne l’incidenza sui rifiuti da smaltire, azione
forse prematura, almeno programmare uno studio di questo tipo nell’immediato,
tanto per capire quanta influenza possono avere azioni come queste sul ciclo
dei rifiuti e come migliorarle. Nulla di tutto ciò è stato fatto o previsto.
Anche qui si dimostra la scarsa fiducia delle istituzioni sulle politiche di
riduzione dei rifiuti.
Entrando ancora più nello specifico del piano, possiamo certamente dire
che esso poggia su due pilastri fondamentali: la pressoché costante produzione
dei rifiuti ed una raccolta differenziata che vede un obbiettivo del 65/70% nei
prossimi anni. Da questo ne deriva tutta la pianificazione.
Uno degli
elementi più significativi del piano riguarda il sistema impiantistico.
Alcuni impianti erano già previsti nelle
precedenti pianificazioni e vengono confermati: nuovo impianto termico di case
Passerini, ampliamento dell’impianto termico di Selvapiana-Rufina; ampliamento
dell’impianto di Testi-Greve in Chianti, discarica Le Borra-Figline V.no, altri
si inseriscono ex novo nella pianificazione: ampliamento inceneritore di
Montale; ripristino ambientale e recupero volumetrie discarica
Fossetto-Monsummano T. ; ampliamento discarica in località il Pago-Firenzuola ;
nuovo impianto digestore anaerobico in località Calice-Prato. A nostro avviso ulteriore anomalia della programmazione.
Il Piano Biodegradabili (vol. 2) elenca gli impianti di
trattamento, ma non conteggia le tonnellate annue smaltite dall’impianto del
Calice, quindi fa i propri calcoli senza tenerne conto.
Case Passerini |
In effetti, l’impianto
di digestione anaerobica del Calice (i cui quantitativi, per stretta natura di
questo tipo di impianto, ricevono un calcolo rigoroso, diversamente non regge
il suo funzionamento), viene considerato “impianto di pretrattamento del
materiale organico destinato alla biostabilizzazione-compostaggio” e non viene
inserito tra gli impianti di trattamento della frazione organica.
Non ci si può che domandare il perché di questa aggiunta dell’impianto
del Calice che appare abbastanza estemporanea, proprio perché messa fuori da
ogni calcolo di incidenza sullo smaltimento della frazione organica dei
rifiuti.
Certo, si vede la volontà di incoraggiare il fenomeno di piccoli impianti
di questo tipo per il recupero di frazioni organiche a servizio di aziende
alimentari o di depuratori, ma perché non creare un vero e proprio incentivo,
piuttosto che lasciare questa opportunità nel terreno dell’auspicio? Non è un
fatto trascurabile, se si pensa quanto impatto una più ampia diffusione di
questi impianti possa avere.
Comunque il raggiungimento del 65% di
differenziata ed il mancato aumento dei rifiuti come previsti dal piano
consentirebbero di fare a meno di cinque impianti precedentemente pianificati:
discarica di Toiano-Vicchio di Mugello; impianto di compostaggio di
Pratoni-Scandicci; impianto di termovalorizzazione di Calice-Prato; discarica
di Rio Torto-Gambassi Terme; impianto produzione CDR di Pistoia.
Già a prima
vista, e senza dare lettura ai dati elencati successivamente sulle quantità di
rifiuti, la dotazione impiantistica appare il frutto di un progetto poco
ambizioso, poco rivolto verso il futuro, inutilmente costoso perché obsoleto,
poco rivolto a iniziative che potrebbero portare anche al rilancio e allo
sviluppo del territorio, e anche poco convinto sulle potenzialità di
realizzazione effettiva di ciò che esso stesso si prefigge, per quanto riguarda
la raccolta differenziata (questo lo si può agevolmente dimostrare, come si
legge nel proseguo del presente documento, soltanto con l’analisi di poche
delle cifre fornite).
Ciò senza
rilevare che esso non tiene assolutamente conto, né delle osservazioni già
svolte dagli organi di controllo sulla salute pubblica quali le Asl, né per
quanto attiene nello specifico il Comune di Montale e l’ampliamento dell’impianto
di incenerimento Cis, dei risultati dello studio epidemiologico presentati a
settembre (e della conseguente mobilitazione dell’Ordine dei Medici pistoiese).
Nulla di tutto questo viene lontanamente preso in considerazione nemmeno, e ciò
ha dell’incredibile, nelle volume riguardante le valutazioni ambientali del
piano.
In sostanza,
ciò che emerge da subito, cioè il previsto ampliamento delle discariche, la
chiusura di un impianto di compostaggio, la chiusura di due discariche (ma a
partire dal 2015 esse andranno nuovamente potenziate, perciò nel complesso del
piano, le discariche rimangono pressoché invariate anche dopo il 2014), e l’implementazione
degli impianti di incenerimento, non fanno che confermare che questo piano si
fonda sul conferimento in discarica e sull’incenerimento.
È proprio su
questo elemento che si denota, come il piano, sia stato un elaborazione di una
sommatoria, fatta in maniera tecnica, direi quasi con un automatismo
burocratico, che non ha lasciato spazio alla politica. Che non ha lasciato
spazio a vedute di più ampio respiro, dal punto dell’innovazione, della sperimentazione,
di un nuovo approccio alle problematiche dei rifiuti.
Mi si può
obbiettare che dobbiamo affrontare con responsabilità l’emergenza, si forse è
vero, ma è altrettanto vero che se di emergenza dobbiamo parlare, perché di
questo stiamo parlando, non si può che sottolineare il fallimento delle
politiche regionali sul settore, che hanno creato di fatto questa emergenza. I
tempi c’erano. È la volontà politica che è mancata.
Montale |
Nel leggere il
piano teniamo sempre conto di questo principio base: la maggiore raccolta
differenziata ha un unico significato: diminuire la frazione secca e
aumentare la quantità di rifiuto biodegradabile, che man mano viene
intercettato e separato a monte, che finisce per diminuire in maniera
drastica la quantità di materiale indifferenziato, che è quella frazione
destinata alle operazioni di pre-trattamento, se non direttamente agli
inceneritori.
È anche
corretto il modo di procedere previsto nel piano, seppure non in prima battuta,
per la raccolta, cioè la tariffazione puntuale che permetta di aumentare la
tariffa proprio in proporzione alla quota di indifferenziato prodotta da
ciascuna utenza.
Eppure il
Piano sembra non tener conto nemmeno delle conseguenze dell’innescarsi di
questo circolo virtuoso, la tariffazione puntuale come capacità persuasiva non
ha pari e può essere sicuramente più incisiva di tante noiose campagne
informative, e in molti luoghi d’Italia in esperienze straconosciute e partite
ormai da anni, ha portato ad obiettivi che vanno ben oltre il 70% di raccolta
differenziata. Non erano dunque le fonti di informazione che mancavano.
Ed invece il
piano mette in evidenza un quadro impiantistico ben poco fiducioso e, se si può
affermare, abbastanza inquietante:
Infatti, in
base allo scenario 2015, sulla base dei dati di produzione di RSU la quota di
frazione secca da avviare a termovalorizzazione sarà di 264.414 tonnellate all’anno
a fronte di una capacità complessiva di circa 350.000 tonnellate all’anno, se
si comprende l’impianto di Testi. (Montale: 74.925 t/a – Case Passerini:
136.760 t/a – Selvapiana: 68.640 t/a – Testi: 70.000 t/a).
Per quanto
riguarda il sistema delle discariche, la quantità di rifiuto stimata al 2015,
da conferire in discarica,ammonta a 159.564 t/a e gli impianti in esercizio
saranno esauriti al 2014.
Entro tale
data dovranno essere attivati nuovi impianti o previsti alcuni ampliamenti per
complessivi 2.120.000 mc. (discarica Le Borra di Figline Val d’Arno: nuovo
impianto ( In esercizio dall’1.1.2015) con volumetria di almeno 1.000.000 di mc
– discarica Il Fossetto di Monsummano Terme: recupero di circa 220.000 mc – discarica
Il Pago di Firenzuola: ampliamento per circa 900.000 mc.).
Tali
discariche copriranno il fabbisogno di circa 10 anni.
Infine per
quanto riguarda gli impianti di compostaggio, sempre sulla base dello scenario
al 2015 la quota di rifiuti derivanti da recupero da avviare a impianti di
compostaggio sarà di 179.930 t/a, per una capacità di trattamento di 244.000
t/a (Case Passerini: 54.000 t/a – Montespertoli: 100.000 t/a – Borgo San Lorenzo:
35.000 t/a – San Casciano: 10.000 t/a – Vaiano: 35.000 t/a – Piteglio: 10.000
t/a).
Cosa si ricava da questo? Si ricava che la quantità di
materiale che viene previsto da conferire in discarica e a trattamento termico
è, se si analizza lo scenario al 2015 con raccolta differenziata a 65% (pag.
167 del piano) di 420.098 tonnellate annue (al netto del conferimento delle
38.000 tonnellate di Terranova) pari al 42% della produzione totale di 991.095
tonnellate.
Quindi molto
di più del 35% che dovrebbe rimanere dalla raccolta differenziata al 65%.
Se poi
analizziamo, con lo stesso metodo lo scenario al 2018 sempre con la raccolta
differenziata al 65%, si nota che il materiale inviato in discarica a
trattamento termico è pari a 464.045 tonnellate (sempre al netto delle 38.000
tonnellate di Terranova). Pari al 46% del totale della produzione dei rifiuti.
Non si capisce
poi, sempre analizzando i due scenari, come sia possibile che a fronte di un
aumento di 2926 tonnellate della produzione totale dei rifiuti, infatti si
passa da 991.095 ton. del 2015 a 994.021 ton. nel 2018, ci sia un aumento di
materiale inviato a trattamento termico che passa da 260.534 ton. sempre del
2015, a 326.760 ton del 2018, con una differenza pari a 66.226 ton. Allora, o
il piano è sovradimensionato, oppure, si tende a pensare che anche i materiali
da raccolta differenziata finiranno in discarica o negli inceneritori.
Non è un
rilievo da poco, se si considera quanto sono costosi gli inceneritori.
Oltremodo sospetto, dal
punto di vista del nostro territorio, come spunti fuori il dato che vede le
70.000 tonnellate all’anno del termovalorizzatore di Montale, come essenziali
per raggiungere l’obiettivo minimo di 280.000 tonnellate da smaltire, che
invece, in base a quanto appena detto, cioè una sovrastima dei rifiuti inviati
a trattamento termico, sommate alle 38.000 ton provenienti da un territorio
esterno all’ATO Centro, rendono di fatto superfluo l’ampliamento di Montale,
escludendo in una prima fase Testi, per il quale si è deciso di accettare una
sorta di moratoria.
Comprendo che
la parola “sospetto” sia un po’ da dietrologica, che non è una qualità che
appartiene a chi scrive, ma viene da pensarlo principalmente perché Montale è l’unico
territorio che sia stato realmente oggetto di una seria discussione sull’ambiente
e di un inizio di studio, dato che l’impianto di incenerimento è sul suo
territorio da oltre 30 anni e, più che un potenziamento, richiederebbe un serio
e ponderato processo di dismissione.
I rilievi
epidemiologici che in un primo momento la bozza di piano aveva preso in
considerazione, sono del tutto scomparsi dai testi del piano, proprio quando lo
studio aveva raggiunto il suo compimento, con la relazione presentata a Pistoia
da Asl e Arpat il 2 dicembre 2011, e il loro esito e sottolineo il loro esito,
manco a dirlo, nemmeno menzionato nel Rapporto Ambientale.
Non siamo tra
coloro che sostengono che detti rilievi dovessero stabilire che l’inquinamento
della zona era colpa o meno dell’inceneritore, il che sarebbe impossibile da
stabilire per qualsiasi fonte di inquinamento. Conoscere il grado di
inquinamento di una zona dovrebbe almeno essere un importante principio-guida
per prendere decisioni che abbiano considerevole impatto ambientale come in
questo caso. Però, sta di fatto che la zona è inquinata, ha avuto non pochi
problemi anche con la centralina di rilevamento delle pm10, e la situazione
rilevata con le relazioni sopra citate ha indotto l’Ordine dei Medici di
Pistoia ha chiedere una moratoria.
Risultato. La
moratoria c’è. Per l’impianto di Testi.
Non si pensa
male, allora, se si afferma che il criterio di scelta è stato eminentemente
politico e non certo tecnico.
Ma non finisce
qui. Le considerazioni che rendono il presente piano tutt’altro che esente da
critiche, non sono soltanto riferite all’ambiente, ma ad una visione che, nel
complesso, appartiene al passato, e questo lo si può certamente affermare a
proposito delle tecnologie utilizzate, e non guarda affatto al futuro. Anzi, le
larghe vedute arrivano al 2015. Si confermano i piano elaborati dal 2003 in
poi, in maniera prudenziale, quasi si temesse di assumersi la responsabilità di
una scelta sbagliata nei prossimi 20 anni.
E questa
considerazione non è facile critica, l’evoluzione della tecnologia negli ultimi
10 anni avrebbe meritato una ben maggiore attenzione, soprattutto perché la
gestione dei rifiuti, la materia del recupero dei materiali, le tecnologie
stesse di smaltimento, alternative all’incenerimento costituivano anche un’occasione
per dare una spinta all’economia e rendere fruibili e incentivabili settori che
altrove vengono tenuti in considerazione quali strategici. In sostanza, si
tratta dell’ennesima occasione perduta.
Se mancano del
tutto considerazioni squisitamente ambientali delle scelte compiute con il
piano oggetto di discussione, ancor meno mancano le considerazioni economiche,
perché, indipendentemente che l’impiantistica venga compresa nella gara per il
gestore unico o meno, l’investimento finirà, gioco-forza, ad incidere
considerevolmente sullo stato delle tasche dei cittadini, già assai disastrato.
Ora, una visione più di lungo periodo sarebbe stata più rischiosa? (forse) con
l’investimento in nuove tecnologie, oppure no, oppure i costi della
pianificazione sono perfetti, non si poteva fare di meglio?
Sta di fatto
che questo non ci è dato sapere, perché tanto cambiare, manca una qualunque
analisi comparativa.
Non crediamo
sia giusto e soprattutto corretto aggravare ancora il carico ambientale sul
territorio di Montale, né fare ulteriori costosi investimenti a danno delle
comunità della piana.
Anzi, la
strada che si ritiene più congrua da percorrere, passa da un progetto di
dismissione dell’impianto, da avviarsi non appena saranno recuperate le somme
investite in precedenza, e se di investimento si dovrà parlare, sarà in un
progetto di riconversione o comunque un cambio di tecnologia.
Vogliamo
essere chiari non vogliamo l’ampliamento dell’impianto di Montale. Non lo
vogliamo per le motivazione già dette, ma non lo vogliamo anche alla luce degli
ultimi avvenimenti, che vedono una guerra politica fra i sindaci della piana
fiorentina, tutti interni al PD, che hanno portato il comune di Sesto
Fiorentino ad approvare una delibera consigliare in cui si decide, a titolo
precauzionale, di sospendere qualsiasi procedura connessa alla realizzazione
dell’impianto di Case Passerini. Non vogliamo che Montale diventi il capro
espiatorio delle beghe interne del centro sinistra.
Non vogliamo
essere campanilistici, ma la problematica dell’impianto di Montale e il suo
ampliamento inserito nel piano, al di là delle intenzioni di verifica, e le
considerazioni sopra esposte più in generale, non possono che generare un
giudizio negativo.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Martedì 18
dicembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
Nessun commento:
Posta un commento
MODERAZIONE DEI COMMENTI
Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.